Cosa Nostra
Cosa nostra è l’organizzazione criminale più conosciuta nel mondo anche grazie a tanti film di successo che l’hanno raccontata e rappresentata. Quando si pensa a questa organizzazione la mente corre immediatamente al Padrino di Francis Ford Coppola, ma anche alle cinque storiche famiglie di New York, i Gambino, i Genovese, i Lucchese, i Bonanno e i Colombo.
CONOSCI
Scheda introduttiva a cura di Antonio Nicaso
Cosa Nostra, però, è anche il nome con cui viene identificata quella che per molto tempo è stata chiamata mafia, come ha rivelato Tommaso Buscetta, un ex mafioso che ha deciso di collaborare con la giustizia. Buscetta che è stato il più importante testimone dell’accusa al maxi-processo di Palermo, ha descritto Cosa nostra come qualcosa di nobile, poi degenerata a causa dei Corleonesi, un clan originario di Corleone ,guidato da Totò Riina. Pur riconoscendo a Buscetta molti meriti, è opportuno sfatare alcuni luoghi comuni: Cosa nostra non è mai stata dalla parte dei deboli contro i forti e dei poveri contro i ricchi.
Nata come fenomeno di controllo sociale a vantaggio delle classi dominanti, Cosa nostra ha esercitato un potere, economico e criminale, ampio e duraturo potendo contare sull’indifferenza, e finanche sulla legittimazione, di parte della società civile, ma anche di uomini delle istituzioni. Sono stati in tanti a negarne l’esistanza, compreso un importante uomo di Chiesa, come l’arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini che la riteneva “una invenzione dei comunisti”.
Oggi Cosa nostra è meno forte rispetto a quando controllava a regime di monopolio il traffico internazionale di eroina, potendo contare su solidi legami con la controparte americana. Ma non è sparita dalla mappa delle nostre eterne emergenze. È viva a vegeta, grazie a una delle caratteristiche principali delle mafie, rappresentata dalla capacità di adattamento.
«Quando tira vento fatti canna», recita un vecchio adagio. E Cosa nostra, dopo la reazione dello Stato nei confronti dei corleonesi, responsabili di memorabilia stragi nei confronti di uomini dello Stato, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha deciso di mantenere un profilo basso. Si è fatta canna, si è piegata per fare passare la bufera.
La Sicilia che resta al centro degli interessi di Cosa nostra, è anche la regione dove è nata l’antimafia: quella vera, quella sociale, dei fasci siciliani che sul finire dell’Ottocento, hanno invano rivendicato e auspicato l’«affittanza collettiva» per spazzare via l’intermediazione parassitaria dei gabellotti mafiosi. Quella straordinaria esperienza che ha coinvolto anche molte donne, è stata soffocata nel sangue. A sparare contro i contadini che chiedevano giustizia sociale e distribuzione delle terre incolte, sono stati i mafiosi assieme a fucilieri dell’esercito regio. In Sicilia è nata anche l’esperienza di Addiopizzo, un gruppo di giovani che nel 2004 ha tappezzato Palermo con scritte: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Coltivare la memoria è anche un mezzo per combattere le mafie. Le manette e le sentenze da sole non bastono. C’è bisogno di conoscenza, di scuola, di capacità critica per scegliere da che parte stare.
BORSELLINO
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DI E CON
Giacomo Rossetto
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LUCI E VIDEO
Stefano Razzolini
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FOTO DI SCENA
Raffaella Vismara​
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PRODUZIONE
Teatro Bresci
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ANNO DI PRODUZIONE
2017​
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Vincitore del Premio Grotte della Gurfa per il Teatro d'impegno Civile _ Regione Sicilia
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Selezionato al Torino Fringe Festival 2019
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Patrocinio di Avviso Pubblico
Il giudice Paolo Borsellino, assassinato da Cosa Nostra assieme ad Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina, cinque agenti della sua scorta, nella strage di via d’Amelio a Palermo, è considerato uno delle figure più importanti e prestigiose nella lotta contro la mafia, assieme al magistrato Giovanni Falcone.
Sono passati 30 anni da quel maledetto 19 luglio, giorno della strage.
Lo spettacolo racconta la vita del magistrato Borsellino attraverso la descrizione dell’uomo Paolo, un uomo tutto d’un pezzo che non accetta compromessi, dal forte rigore morale, un uomo semplice diventato eroe, il cui lavoro però non è ancora finito.
Dopo la morte dell’amico e collega Falcone, il coraggio e il profondo senso di giustizia sono ciò che spinge, nonostante la paura, il giudice Paolo Borsellino a compiere fino in fondo il proprio dovere, di magistrato e di persona, perché pubblico e privato nella sua vita sono inscindibili.
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